Le audizioni sono terminate, ora si tratta di tirare le somme. Questo pomeriggio torna a riunirsi la speciale commissione del Gran Consiglio chiamata a vagliare una serie di atti parlamentari, recenti e meno recenti, riguardanti la procedura di designazione dei magistrati, che adesso contempla tre fasi: concorso, preavviso delle candidature da parte di un gruppo di esperti, nomina ad opera del parlamento. Sotto la lente della commissione diretta dal deputato del Plr Roberto Badaracco , iniziative e mozioni. Introduzione dell’elezione popolare di procuratori pubblici e giudici (per questi ultimi sarebbe un ritorno al passato), attribuzione al Consiglio della magistratura del compito di designare le toghe, mantenimento della nomina parlamentare ma con l’obbligo per coloro che ambiscono alla carica di inquirente o a quella di giudicante di frequentare “una sorta di scuola di magistratura”… Diverse le proposte sul tavolo. «Nella seduta di domani (oggi, ndr) – dice Badaracco alla ‘Regione’ – cominceremo la discussione alla luce di quanto chiedono gli atti parlamentari e delle osservazioni formulate da chi abbiamo ascoltato in questi mesi».

La commissione, ricorda il suo coordinatore, «ha sentito, oltre a iniziativisti e mozionanti, il Consiglio della magistratura, gli esperti tenuti a preavvisare le candidature, il Dipartimento istituzioni, l’Ordine degli avvocati e il procuratore generale». Ordine degli avvocati e pg che hanno suggerito fra l’altro di prevedere un periodo di prova per i procuratori pubblici freschi di nomina parlamentare. Un correttivo, all’odierno modello di designazione, condiviso dal parlamentare del Plr Matteo Quadranti. Il quale invita però a non limitare lo ‘stage’ ai neoeletti pp. Con un’iniziativa depositata un paio di settimane fa, auspica infatti l’introduzione di un periodo di prova (“di due anni”) per “tutti i magistrati di nuova elezione”. Trascorso il biennio, scrive Quadranti, “dovrà essere fatta una valutazione in vista di una conferma della nomina”. La questione, tuttavia, «è piuttosto delicata», sottolinea uno «scettico» Badaracco.

Delicata poiché, continua il presidente della commissione speciale del Gran Consiglio, «il periodo di prova potrebbe compromettere l’indipendenza del magistrato, che è un principio sacrosanto in uno Stato di diritto. In altre parole, non è da escludere il rischio che pp e giudici in prova evitino, per esempio, di prendere decisioni – tenendo magari in sospeso procedimenti importanti – suscettibili di contrariare chi dovrà pronunciarsi sulla conferma della loro carica». Cosa che «danneggerebbe gravemente funzionamento e immagine della giustizia. E poi: chi valuterà durante lo stage le capacità del magistrato, oltretutto già eletto e per giunta dal Gran Consiglio, che rappresenta i cittadini?» Il tema «va dunque approfondito, senza dimenticare che uno dei presupposti dell’indipendenza e dell’autonomia dei magistrati è proprio la durata del loro mandato. Che in Ticino è di dieci anni e che di fatto si ridurrebbe con il periodo di prova. È opportuno?». Non solo: «Mi domando inoltre se non sia il caso di rimuovere dai bandi di concorso l’indicazione del Tribunale o della Camera cui verrà assegnato il giudice d’Appello che si sta cercando, ciò che ora porta avvocati non specialisti della materia trattata da quella Camera, ma con anni di esperienza in più settori del diritto e con una positiva equidistanza, a rinunciare a candidarsi».

Sfida impegnativa quella con cui è confrontata la commissione. «Del resto – rammenta Badaracco – spetta al parlamento, in quanto al momento autorità di nomina, cambiare eventualmente le regole. Personalmente, sono per lasciare al Gran Consiglio la competenza di eleggere giudici e pp, con dei correttivi. Contiamo di allestire entro l’estate un rapporto proponendo al parlamento la soluzione che riterremo migliore per premiare competenze e carattere dell’aspirante magistrato. A prescindere dalla sua area politica di appartenenza. E comunque è preferibile che in magistratura siano anche rappresentate le varie sensibilità di un Paese democratico».


 

Articolo di Andrea Manna
laRegione, 8 marzo 2016

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